LA MIA POETICA

Dicono che i quadri non bastano da soli a presentarsi o perlomeno che non è cosa per una mostra che si rispetti; vorrei credere di si perché dipingere è, del miei modi di comunicare, certamente il più vero. 
E chi può presentare me? Chi mi conosce tanto da poter dire nei suoi scritti più di quanto si possa leggere nelle mie opere?
Gli amici, forse. quelli che, nonostante gli anni mi sono ancora amici, ed io, anche se non so niente di me o quasi.
So che venero tutti gli artisti di tutte Ie arti di tutti i tempi. Che adoro il violino, Beato Angelico e Masaccio, Leonardo e Caravaggio, Cristo e Whitman, Shakespeare ed Hesse, l’amore di madre Teresa ed il dolore di Pasolini.
Piango la morte degli artisti e quindi degli scienziati, del poeti e di tutti quelli che hanno molto amato.
Mi disse il Mantura che la pittura è morta, il suo potere espressivo esaurito: a volte lo penso anche io ma ritengo immortale la ricerca dell’arte per l’arte e dell’uomo per l’uomo, ovvero, dell’arte per l’uomo e dell’uomo per l’arte.

Ho scritto che la misura dell’uomo non è la superficie ma la profondità; se guardo dentro me ho un senso di vertigine.
La mia radice certa è nella palude, questo l’ho sempre sentito e ci ritorno ogni volta con fame, con sete. Ci entro dentro trasognata, immemore, come nel grembo di una grande madre.
La mia identità nel padule si disperde e sono tutto: sono lo stato d’animo di un ambiente primordiale, il cielo, l’acqua, il fango, l’airone, iI ramo contorto e disseccato, il cinghiale, il cavallo, la volpe, Ia lucertola, la formica, il pesce che salta, il bruco.

Se dipingo è solo perché è così grande il godimento della compenetrazione che deve nascere qualcosa e ogni quadro è figlio mio e della natura e porta i segni di tutti e due. Dell’uomo non sono curiosa.
Ciò che amo dell’uomo è l’anima, per questo amo gli occhi della gente. L’anima è il mare, la palude, il cielo, l’anima è innocente e universale.
Si dice che nei miei ritratti prendo l’anima delle persone e Ia porto a galla: non è vero (vorrei solo afferrare il mistero).
Come si può dare una forma all’anima della gente? L’anima non ha una forma che può essere definita. Solo i grandi artisti hanno la capacità di realizzare le forme molteplici della propria anima e questo costa loro un dolore da dannati.
Ciò che ritengo importante è la ricerca di me stessa e la verifica del mio rapporto con le cose, questa verifica me la dà la pittura. Ciò che dice un quadro finito mi sorprende sempre, perché è la mia verità. In questa mostra ho riunito tutti i quadri sul padule che ancora posseggo e sono gli ultimi atti di amore smemorato. Ora temo di essere nuovamente nata dal ventre di questa grande madre che sta morendo.

Gli uomini la soffocano e la sommergono di plastica, catrame, cemento; il mare la divora.
Se prima la palude mi isolava dall’uomo, ora lei stessa, amaramente me lo ripropone. Queste opere probabilmente saranno l’ultima testimonianza di una felicità perduta.
L’esecuzione della crocefissione ancora mi ha riproposto l’uomo. Il Crocefisso schiude gIi occhi per l’ultimo sguardo: ha il viso di un uomo, amico, compagno, sconosciuto, animale, albero, innocenza, amore.
A pochi chilometri si lavora per una centrale nucleare.

Questi quadri rimasti hanno per me quasi il sapore di un sogno.

Quello che ha caratterizzato di più la mia vita è stato il contatto con la natura più selvaggia della Maremma.

Da adolescente marinavo la scuola per trascorrere tutto il tempo possibile nascosta fra le cannucce sulla riva della laguna di Orbetello e, quando in inverno le intemperie mi davano la certezza di non incontrare qualcuno, camminavo sulle spiagge deserte, con la sensazione che avrei trovato… qualcosa di Meraviglioso. Ho avuto questa sensazione tutte le innumerevoli volte che mi sono diretta verso i paesaggi della Maremma in cerca del “controluce” capace di emozionarmi. La ricerca inconsapevole del “Meraviglioso” non mi ha abbandonata mai ed era, a ragion veduta, il disegno portante della mia vita. L’ora di disegno mi affascinava e così tutte le persone che praticavano l’arte e non ho perso mai l’occasione per imparare da ciascuno i meravigliosi mezzi con i quali si poteva realizzare, e soprattutto fermare, la vita delle cose, il tempo, l’emozione. Questa mia aspirazione si deve essere concretizzata nelle opere che uscivano dal lapis o dai colori perché, ben presto, sono stata notata dalla critica che ogni tanto posava gli occhi sulla Maremma nominandomi “rara avis”. Non so che cosa fosse in realtà la differenza tra me e gli altri, ma se c’era, era la voglia di avvicinarmi ai migliori: superarmi, imparare. Imparare per soddisfare la mia personale esigenza ed i miei sentimenti sempre più compiutamente.  

Ricordo una chiesa gelata, spersa nelle campagne di Lucca, il maestro che affrescava la volta, vedendomi entrare gridò: “Monetti sei venuta a rubare? “ Si! “ risposi e salii sul ponte pronta a servirgli pennelli e colori ed a condividere il freddo e il pane. Ogni cosa che ho fatto, per tutta la vita, era un passo per superare i risultati raggiunti, e anche ora è così. Ora so che l’insoddisfazione è il sale della mia vita .. la scommessa quotidiana. Ritengo che al di là dei risultati raggiunti sia questa tensione a giustificare la mia vita.

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